domenica 16 gennaio 2022

Una fiaba sámi: "Il gigante la cui vita era nascosta in un uovo di gallina"

 


Fiaba raccolta a Utsjok

Titolo originale: Der Riese, dessen Leben in einem Hühnerei verborgen war

Traduzione dal tedesco di Elisa Zanchetta

 

Una donna aveva un uomo che da sette anni era in faida con un gigante. Costui trovava infatti piacere nella donna e voleva uccidere l’uomo per prendersi la moglie. Dopo sette anni riuscì alla fine a raggiungere il suo scopo; l’ucciso aveva tuttavia un figlio che, una volta cresciuto, pensò di vendicarsi contro il gigante che aveva ucciso il padre e aveva preso in moglie la madre. Tuttavia il giovane uomo non riusciva a ucciderlo né con il ferro, né con il fuoco. Tutto ciò che faceva o tentava non serviva a nulla: sembrava proprio che nel gigante non ci fosse vita.

«Cara mamma,» disse un giorno il figlio alla donna, «non sai per caso dove il gigante nasconde la propria vita?»

La madre non lo sapeva, tuttavia promise di chiederlo al gigante e quando costui un giorno era di buon umore, gli chiese, tra le altre cose, anche dove si trovava la sua vita.

«Perché me lo chiedi?», ribatté il gigante.

«Sì,» disse la donna, «se tu o io un giorno ci trovassimo in una situazione di necessità oppure di pericolo, è consolante sapere che almeno la tua vita è riposta al sicuro.»

Il gigante, che non sospettava alcun inganno, raccontò alla donna dove si trovava la sua vita e disse:

«Al largo di un mare infuocato c’è un’isola, sull’isola si trova un barile, nel barile una pecora, nella pecora una gallina, nella gallina un uovo e nell’uovo è contenuta la mia vita!».

Il giorno seguente il figlio si recò nuovamente dalla madre la quale gli disse:

«Allora, caro figliolo, ho ricevuto informazioni sulla vita del gigante; mi ha raccontato che non molto distante da qui si trova…», e narrò quanto aveva appreso dal gigante.

Disse il figlio:

«Allora devo procurarmi degli aiutanti per poter attraversare il mare infuocato».

Prese pertanto con sé un orso, un lupo, un astore e una gavia (colymbus glacialis) e si mise per via a bordo di un’imbarcazione.

Si mise a sedere nel centro della barca sotto una kota di ferro, tenendo presso di sé l’astore e la gavia, in modo che non bruciassero; lasciò invece che l’orso e il lupo remassero: è per questo motivo che l’orso ha la pelliccia nero-bruna e il lupo ha macchie nero-brune, perché entrambi portarono a termine la traversata sul mare infuocato le cui onde si innalzavano come fiamme.

Così giunsero sull’isola in cui si doveva trovare la vita del gigante. Dopo aver trovato il barile, l’orso ne colpì il fondo con la zampa, e ne saltò fuori una pecora, la quale fu acchiappata dal lupo, che la prese per una delle zampe posteriori e la ridusse in pezzi. Dalla pecora uscì in volo una gallina contro cui si lanciò l’astore, dilaniandola con i propri artigli. Nella gallina c’era un uovo che cadde in mare e sprofondò, al ché la gavia uscì in volo e si immerse per cercare l’uovo. Al primo tentativo rimase via molto tempo; poiché non riusciva a rimanere sott’acqua a lungo senza respirare, tornò nuovamente in superficie per prendere aria. Poi si immerse di nuovo, rimanendovi per un tempo maggiore del primo tentativo, non riuscendo tuttavia a trovare l’uovo. La terza volta lo trovò sul fondale marino, lo portò in superficie, consegnandolo al giovane uomo che ne fu molto felice.

Avviò un grande falò sulla riva e quando il fuoco fu considerevolmente alto, pose l’uovo in mezzo e remò immediatamente verso la riva opposta. Non appena giunse sulla terraferma, si affrettò ad andare direttamente alla fattoria del gigante per vedere se anche quest’ultimo aveva preso fuoco come l’uovo sull’isola.

La madre non era meno felice del figlio per il fatto che aveva tolto di mezzo quell’enorme mostro. Tuttavia era rimasta un po’ di vita nel gigante e poiché vide la gioia della donna, sbottò:

«Oh, io folle che mi sono lasciato abbindolare e ho svelato la mia vita a questa vecchiaccia!», e in quell’istante afferrò la canna in ferro con cui era solito aspirare il sangue dagli umani. La donna aveva tuttavia infilato un’estremità nelle braci del focolare, così egli ingurgitò tizzoni ardenti, cenere e fuoco, bruciandosi dentro. Dopodiché il fuoco si spense, e con esso anche la vita del gigante.

John Bauer, Troll på lur



 

Riferimenti bibliografici:

J. C. Poestion, Lappländische Märchen, Volkssagen, Räthsel und Sprichwörter. Nach lappländischen, norwegischen und schwedischen Quellen, Druck und Verlag von Carl Berold’s Sohn, Wien 1886.

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