mercoledì 12 gennaio 2022

Mitologia e folklore sámi: Rota, il demone della malattia


I sámi credevano che le malattie fossero causate dai morti e quindi in caso di malattia venivano fatti sacrifici sia in loro onore, sia al dio Rota/ Rutu, noto presso i sámi di Norvegia. Essi erano soliti invocare Rota ogni qual volta non ricevevano aiuto da altre divinità.

In caso di malattia o pestilenza, si imputava la colpa a Rota che, giunto fra gli uomini, avrebbe diffuso la piaga tra le persone e il bestiame, e per placarlo erano necessari dei sacrifici. I sámi non sacrificavano volentieri a Rota, perché non si trattava di un sacrificio tradizionale: veniva, infatti, sacrificato un cavallo, successivamente sepolto per intero, e non solamente le ossa come nei sacrifici delle renne, affinché Rota lo usasse per galoppare lontano dagli uomini, facendo ritorno a Rota-aimo (“Regno di Rota”). Assieme al cavallo veniva sepolta anche una figura antropomorfa intagliata nel legno. Rota era considerato colui che uccideva gli uomini, pertanto veniva detto anche “demone della malattia”. Egli era inoltre in grado di rovinare il feto nell’utero materno.

Alcuni sámi ritenevano che Mubenaimo corrispondesse a Rota, perché il culto presentava numerose corrispondenze, stante che anche Mubenaimo arrecava danni alle persone attraverso le malattie. A entrambi si facevano sacrifici per guarire dalle malattie: essi consistevano in un animale che veniva ucciso e sepolto interamente, assieme a un’immagine umana scolpita nel legno; sono testimoniati anche sacrifici con cani, spruzzati con il loro stesso sangue prima di essere sepolti.


Akseli Gallén-Kallela, Heijastuksia. Wikimedia Commons.


Nella sua Mythologia Fennica, Christfrid Ganander (1741-1790) accosta Rota a Proserpina dei greci e dei romani, nonché a Tuoni e Manalan Matti dei finni. Egli risiedeva nelle viscere della terra, a Rota-aimo, luogo in cui confluivano coloro che non avevano vissuto secondo il volere degli dèi. Chi soggiornava nel Jabmi-aimo, dopo un po’ di tempo sarebbe asceso a Radien, ma coloro che giungevano nel Rota-aimo (o Rotalandia, termine impiegato da Ganander) non se ne sarebbero mai andati, rimanendo in questo luogo tra patimenti infernali, dopo aver ricevuto un nuovo corpo.

In quanto divinità del regno dei morti e demone che arreca danno, Rota poteva essere messo in relazione con il diavolo dei cristiani, e quindi nel culto del Mubenaimo sembra si siano fusi il culto di Rota e la credenza del demonio. Il diavolo sui tamburi lapponi veniva tuttavia rappresentato diversamente da Rota: al regno dei morti appartiene l’oscurità, perciò sui tamburi compare il simbolo delle tenebre ad indicare il Rota-aimo.

Il nome Rota sarebbe un prestito dal germanico: il finlandese rutto (“pestilenzaepidemia”) deriverebbe dal gotico þrut (“malattia”), oppure da þriutan (“infastidireoltraggiare”). Molto non si può dire, perché in germanico non esiste þruta, nel senso di “malattia”. Ci si deve accontentare di vedere nel nome Rota/Rutu un legame con il finlandese rutto.


Akseli Gallén-Kallela, Tulipalon katselijat pitkänsillan rannassa. Wikimedia Commons.



BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:

Christfrid Ganander, Mitologia finnica, a cura di Luca Taglianetti, Marcello Ganassini, Viterbo 2019 (1a ed. 2018).

Wolf von Unwerth, Untersuchungen über Totenkult und Ódinverehrung bei Nordgermanen und Lappen mit Exkursen zur altnordischen Literaturgeschichte, Verlag von M. & H. Marcus, Breslau 1911. 


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