I sámi credevano che le malattie
fossero causate dai morti e quindi in caso di malattia venivano fatti sacrifici
sia in loro onore, sia al dio Rota/ Rutu, noto presso i sámi di Norvegia. Essi
erano soliti invocare Rota ogni qual volta non ricevevano aiuto da altre
divinità.
In caso di malattia o pestilenza, si
imputava la colpa a Rota che, giunto fra gli uomini, avrebbe diffuso la piaga
tra le persone e il bestiame, e per placarlo erano necessari dei sacrifici. I
sámi non sacrificavano volentieri a Rota, perché non si trattava di un
sacrificio tradizionale: veniva, infatti, sacrificato un cavallo,
successivamente sepolto per intero, e non solamente le ossa come nei sacrifici
delle renne, affinché Rota lo usasse per galoppare lontano dagli uomini,
facendo ritorno a Rota-aimo (“Regno di Rota”). Assieme al cavallo veniva
sepolta anche una figura antropomorfa intagliata nel legno. Rota era
considerato colui che uccideva gli uomini, pertanto veniva detto anche “demone
della malattia”. Egli era inoltre in grado di rovinare il feto nell’utero
materno.
Alcuni sámi ritenevano che Mubenaimo
corrispondesse a Rota, perché il culto presentava numerose corrispondenze,
stante che anche Mubenaimo arrecava danni alle persone attraverso le malattie.
A entrambi si facevano sacrifici per guarire dalle malattie: essi consistevano
in un animale che veniva ucciso e sepolto interamente, assieme a un’immagine
umana scolpita nel legno; sono testimoniati anche sacrifici con cani, spruzzati
con il loro stesso sangue prima di essere sepolti.
Akseli Gallén-Kallela, Heijastuksia. Wikimedia Commons. |
Nella sua Mythologia Fennica,
Christfrid Ganander (1741-1790) accosta Rota a Proserpina dei greci e dei
romani, nonché a Tuoni e Manalan Matti dei finni. Egli risiedeva nelle viscere
della terra, a Rota-aimo, luogo in cui confluivano coloro che non avevano
vissuto secondo il volere degli dèi. Chi soggiornava nel Jabmi-aimo, dopo un
po’ di tempo sarebbe asceso a Radien, ma coloro che giungevano nel Rota-aimo (o
Rotalandia, termine impiegato da Ganander) non se ne sarebbero mai andati,
rimanendo in questo luogo tra patimenti infernali, dopo aver ricevuto un nuovo
corpo.
In quanto divinità del regno dei
morti e demone che arreca danno, Rota poteva essere messo in relazione con il
diavolo dei cristiani, e quindi nel culto del Mubenaimo sembra si siano fusi il
culto di Rota e la credenza del demonio. Il diavolo sui tamburi lapponi veniva
tuttavia rappresentato diversamente da Rota: al regno dei morti appartiene
l’oscurità, perciò sui tamburi compare il simbolo delle tenebre ad indicare il
Rota-aimo.
Il nome Rota sarebbe un prestito dal germanico: il finlandese rutto (“pestilenza”, “epidemia”) deriverebbe dal gotico þrut (“malattia”), oppure da þriutan (“infastidire”, “oltraggiare”). Molto non si può dire, perché in germanico non esiste þruta, nel senso di “malattia”. Ci si deve accontentare di vedere nel nome Rota/Rutu un legame con il finlandese rutto.
Akseli Gallén-Kallela, Tulipalon katselijat pitkänsillan rannassa. Wikimedia Commons. |
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
Christfrid Ganander, Mitologia
finnica, a cura di Luca Taglianetti, Marcello Ganassini, Viterbo 2019 (1a ed. 2018).
Wolf von Unwerth, Untersuchungen über Totenkult und Ódinverehrung bei Nordgermanen und Lappen mit Exkursen zur altnordischen Literaturgeschichte, Verlag von M. & H. Marcus, Breslau 1911.
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