Vitra o Vittra
Vitra o
Vittra è un’interessante figura che popola le credenze popolari dei sámi e
che compare spesso e volentieri nelle fiabe e negli altri racconti della
Lapponia svedese. Si tratta di uno spirito femminile che popola le zone montane
oppure le acque.
Vitra
e la moglie del pastore
(fiaba
raccolta nel Lappmark svedese)
Titolo
originale: Vitra und die Pfarrersfrau.
Traduzione
di Elisa Zanchetta
Viveva
un tempo la moglie di un pastore, una levatrice talmente abile che non se ne trovava
una pari neanche cercando in tutta la Svezia. Anche Vitra, che come sappiamo
può diventare invisibile, volle saperne di più quando udì di una siffatta
persona. Una bella sera d’estate, quando nella casa del pastore tutti erano
andati a riposare, la donna, rimasta invece sveglia, udì un rumore, come se
qualche estraneo si apprestasse ad entrare. Ovviamente la donna si affrettò ad
andare a vedere chi era venuto a trovarli nonostante l’ora tarda. Vide
davanti alla porta un distinto signore che sembrava volesse parlare con lei,
perciò si sporse e invitò l’uomo a entrare. Egli rispose di essere venuto per
chiedere alla donna di aiutare la propria moglie che proprio allora era in preda alle doglie.
Poiché la moglie del pastore non aveva mai visto prima quell’uomo e a causa del suo singolare aspetto iniziava a sospettare che non fosse una persona umana, ebbe un po’ paura; ella non poteva rifiutare di concedergli il proprio aiuto senza prima chiedere consiglio al marito.
Quando il pastore udì la questione, si preoccupò a sua volta, ritenendo tuttavia che la cosa migliore fosse esaudire la richiesta del troll – perché lo sconosciuto altri non era che un troll, di ciò non aveva alcun dubbio.
La
moglie del pastore seguì lo sconosciuto, il quale non proferì parola fino a
quando furono giunti davanti a un edificio molto bello nel quale la invitò ad
entrare. Al suo interno le stanze erano pulite e raffinate come nelle
abitazioni delle persone illustri. Notò che in un bel letto c’era una donna
ancor più bella, la quale invocava continuamente l’aiuto della moglie del
pastore. Quest’ultima assolse al suo servizio esattamente come avrebbe fatto
con una persona umana e dopo alcuni minuti Vitra – perché naturalmente non
poteva essere nessun’altro che lei – diede alla luce una bella bambina e dopo
che qualche altro minuto fu trascorso e la mamma si fu completamente
ristabilita, si alzò dal letto e portò ogni sorta di cibi che offrì alla moglie
del pastore. Poiché quest’ultima non osava toccare quel cibo, Vitra rise e
disse:
«Non
credere che io ti offra qualcosa che ti possa arrecare il minimo danno, perché
non è niente di diverso rispetto a quanto tu stessa hai in casa, ma non ti obbligherò
a mangiare contro la tua volontà».
Fairies looking through a Gothic arch. Wikimedia Commons. |
Quando
la moglie del pastore si stava avviando per far ritorno a casa, Vitra volle darle del
denaro, ma poiché rifiutò di accettarlo, Vitra disse:
«È
vero che non siamo ricchi, come puoi ben vedere, ma abbiamo ciò che basta per
riuscire a pagare un servizio ricevuto. Se per la tua fatica non vuoi accettare
alcun compenso, allora la prossima primavera vai a vedere cosa troverai sulla
mensola della malga. Non dimenticartene!».
La
moglie del pastore era felice di poter ritornare a casa dai suoi e non pensò
alla promessa di Vitra fino a quando la primavera successiva andò nella loro
malga e sulla mensola trovò mezza dozzina di cucchiai da tavola in argento
puro, straordinariamente più grandi e splendidi del consueto, sui quali era
stato inciso il suo nome in caratteri belli e aggraziati. Da quel momento
questi cucchiai furono tramandati dai discendenti della moglie del pastore e
per molti anni vennero mostrati a tutti per testimoniare la veridicità della
storia di Vitra e della moglie del pastore.
***
Il
garzone rapito
(fiaba
raccolta nel Lappmark svedese)
Titolo
originale: Der entführte Knecht
Traduzione
di Elisa Zanchetta
Non
si è mai abbastanza prudenti quando si vuole riposare nel bosco, perché qui il
male è più grande di quanto le persone possano immaginare. Ai giorni nostri non
si devono più temere i giganti o gli spiriti montani, ma le creature
sotterranee e Vitra sono sempre intenzionati a giocare brutti scherzi quando si
imbattono in persone assopite, divertendosi in particolar modo con i cacciatori
stanchi.
Un
giorno un garzone rimase a cacciare nel bosco fino a quando, completamente
esausto, si dovette sedere per riposare. Si era appena seduto che giunse una
bellissima donna, offrendogli da bere da una scodella dorata che reggeva tra le
mani. Il garzone si invaghì della donna e bevve dalla scodella. Ma in quello
stesso istante si vide trasportato in una grande sala splendente d’oro e
d’argento. In mezzo alla sala c’era un tavolo che si piegava sotto il peso
delle pietanze più deliziose e la bella donna lo invitò a servirsi. Dopo che
ebbe mangiato e bevuto, la donna gli disse che sarebbe diventato suo marito. E
poiché non avrebbe desiderato cosa migliore, rimase molti anni tra i monti e
Vitra gli partorì tre bambini.
Dopo
cinque anni ritornò nel suo paese natale e raccontò tutto ciò che aveva vissuto.
Tuttavia il suo discorso era così bizzarro che nessuno gli diede credito. Non
si pentiva delle proprie azioni, tuttavia sembrava vergognarsi nei confronti
dei propri simili. Poi una domenica andò in chiesa assieme agli altri e durante
la recitazione della preghiera per il perdono dei peccati, si trasformò in un
animale dal manto nero. Quando poi la preghiera fu ultimata, ritornò ad essere
un uomo. Qualche giorno dopo scomparve e non fece più ritorno, perché Vitra
l’avrà sempre in suo potere.
Il
bambino scambiato
(fiaba
raccolta nel Lappmark svedese)
Titolo
originale: Das vertauschte Kind
Traduzione
di Elisa Zanchetta
Non
si è mai abbastanza prudenti quando si deve prestare attenzione al neonato,
perché gli esseri sotterranei e Vitra cercano sempre di entrarne in possesso
prima che venga battezzato – perché in seguito non hanno più alcun potere su di
esso – e quando ci riescono, prendono il bambino, lasciando al suo posto una
loro creatura. Ma un siffatto bambino scambiato arreca ai genitori, che se ne
devono prendere cura, sempre grande irritazione. Essendo una creatura originata
dagli esseri sotterranei, che non diventano più alti di un bambino di quattro
anni, a crescere è solamente la testa che, quando giunge il momento di essere aspersa con l'acqua battesimale, è grande quanto quella di un uomo. I
bambini di Vitra sì crescono, ma costituiscono ugualmente o diventano sempre più
un peso per i genitori, i quali si rendono conto che si tratta di esseri sotterranei.
C’era una volta un contadino che doveva portare a battezzare la figlia appena nata. Poiché era piena estate e c'era molta fretta per mettere al riparo il fieno, andò dal sacerdote solo soletto con la bambina. Quando era all’incirca a metà strada, vide alcuni francolini di monte alzarsi in volo; poiché era un tiratore sfegatato che portava sempre con sé lo schioppo, non poteva lasciar volare via quei francolini, pertanto appoggiò la bambina sulla strada e iniziò a cacciare. Ma il nostro contadino non ne acchiappò neanche uno.
Quando infine ritornò dalla bambina, non riuscì più a riconoscerla, perché gli
sembrava più grande e più brutta di quanto fosse in precedenza. Andò
ugualmente dal sacerdote e la fece battezzare. Quando poi giunse a casa,
neppure la mamma riuscì a riconoscerla. Tuttavia non c’era modo per porvi
rimedio, pertanto cercò di attribuire questo cambiamento al fatto di non averla
guardata con dovuta attenzione prima del battesimo ed era quindi una semplice
fantasticheria che prima fosse diversa. Ma più la
bambina cresceva e maggiore diventava la certezza che non si trattasse di una
creatura umana, bensì di un essere di Vitra: le caviglie e i polsi le erano
cresciuti così tanto da raggiungere all’incirca il mezzo cubito e non riusciva
a imparare a parlare, sebbene dimostrasse di comprendere tutto ciò che
ascoltava.
La
fanciulla visse in questo modo, senza essere di alcun aiuto, fino a quando
superò i trent’anni d’età; fu allora che si ammalò improvvisamente e morì per
la gioia di tutti. Tuttavia la notte stessa in cui rese lo spirito, si levò un
terribile uragano da uno dei monti più imponenti della parrocchia, portando
devastazione per circa dodici cubiti lungo la strada che conduceva al promontorio
vicino. Tutto ciò che si trovava sulla via venne scagliato a numerose tese di
distanza da dov'era situato. Un ricovero per barche, in cui si
trovavano dodici imbarcazioni, venne raso al suolo, le barche scaraventate al largo
di un lago e frantumate.
Dapprima nessuno seppe spiegarsi quell’evento straordinario, ma fu ben
presto lampante che doveva essere stata Vitra ad aver orchestrato tutto quello
spettacolo: ella era talmente felice che la figlia o sorella, che era stata costretta a
vivere più di trent’anni tra gli uomini, aveva fatto ritorno prima che svanisse
l’effetto del battesimo.
Cosa ne fu della bambina rapita da Vitra nessuno mai lo seppe, ma è del tutto sensato
ritenere che rimanendo presso Vitra anch’ella sia divenuta un essere simile, perché la cattiva compagnia rovina le buone abitudini.
Louis Moe, Trolde
postkårt (1918). Wikimedia Commons.
Baednag-njudne
Nelle narrazioni
popolari sámi compare un essere chiamato Baednag-njudne, “naso di cane”, noto
anche ai finlandesi con il nome Koira-kuonalainen. Si tratta di mostri
dall’aspetto umano il cui naso aveva la forma di un muso di cane che permetteva
loro di fiutare a grande distanza la presenza di esseri umani e di inseguirli.
Non erano solamente enormi e orribili, ma erano anche dotati di un solo occhio
in mezzo alla fronte. Naednag-njudne mangiava gli umani ed era pertanto
pericoloso avvicinarsi a una simile creatura.
Baednag-njudne
(fiaba raccolta
nella Lapponia svedese)
Titolo originale: Baednag-njudne
Traduzione di Elisa Zanchetta
Un giorno una fanciulla sámi si smarrì e giunse alla dimora del
Baednag-njudne, il naso di cane. L’uomo non era in casa, ma c’era la moglie. La
fanciulla era piccina, misera, congelata e sembrava davvero spaventata; la
donna credeva fosse un peccato che il Baednag-njudne potesse mangiare quella
povera ragazzina, perciò la prese e se la nascose sotto la sottoveste.
Quando Baednag-njudne giunse a casa iniziò subito ad annusare e a fiutare,
e disse alla moglie:
«Sento odore di umano!».
La moglie fece di tutto per fargli credere che non era vero; quando poi non
fu più in grado di tenere con sé la fanciulla, la fece fuggire, pregandola di
correre più veloce che poteva. Nel frattempo Baednag-njudne aveva annusato
l’intera casa, ma non trovando nulla, uscì e non passò molto che si imbatté
nella giusta traccia. Quando la fanciulla si accorse che il Baednag-njudne la
stava inseguendo, colta dallo spavento fece un balzo balzò e si nascose sotto
un ponte. In questo modo il Baednag-njudne perse la traccia e la fanciulla fu
salva.
Kadnihak
I kadnihak
sono un’altra tipologia di esseri sotterranei che si mostrano di tanto in tanto
agli uomini. Hanno capelli lunghi fino alla cintola, simili a lino verde e
indossano indumenti di colore rosso. Proprio come gli umani, possiedono mandrie
di renne, cani, etc. La loro lingua, le loro tradizioni canore, i loro usi e
costumi rispecchiano quelli dei sámi.
Kadnihak
(fiaba raccolta
nella Lapponia svedese)
Titolo originale: Kadnihak
Traduzione di Elisa Zanchetta
All’incirca settanta, ottanta anni fa accadde che un gran numero di lapponi
della montagna allestirono le loro kota poco distante da Kvikjok, nella
Lapponia di Luleå. Era proprio il tempo in cui a Jokmok veniva organizzato un
grande mercato. Quando tutte le persone più anziane erano partite per andare al
mercato, i giovani rimasti si intrattennero con ogni sorta di giochi e
divertimenti sopra un piccolo lago nei pressi dell’accampamento.
Un'anziana sámi che era rimasta e sapeva che i kadnihak, o
gente del monte, non sopportavano un simile baccano davanti all’accampamento,
mise in guardia la gioventù, seppur invano. Giunse il momento in cui scese la
sera e tutti andarono a riposare. Era appena sceso il silenzio nelle kota dei sámi che i kadnihak iniziarono a fare chiasso. Nelle vicinanze si udivano
squilli, un vociare concitato, abbaiare di cani e lo scalpiccio delle renne in
movimento. Tutto ciò assomigliava proprio a un grande stuolo di sámi pronti a
mettersi in cammino con le mandrie di renne. I cani dei sámi si precipitarono
fuori dalle kota e iniziarono a ululare e ad abbaiare. Tutti nelle kota furono
sopraffatti dalla paura e dall’orrore. Allora l'anziana sámi scese dal letto, mise la testa fuori dalla porta dalla kota e vide l’orda sotterranea dirigersi
proprio verso le kota. Non c’era tempo da perdere. Si avvolse immediatamente in
una coperta di pelle, andò incontro all’orda sotterranea e iniziò a negoziare. Promise
loro penitenza e miglior comportamento in nome dei giovani che avevano fatto
confusione. Con grande difficoltà riuscì infine a far desistere i kadnihak
e a convincerli a tornare indietro: in questo modo il pericolo fu ovviato.
Da quel giorno ci fu silenzio e i giovani rimasero tranquilli fintanto che
si intrattenevano in quel luogo.
Theodor Kittelsen, Kornstaur
i måneskinn (ca 1900). Wikimedia Commons. |
Rauga, lo spettro
Fiaba
raccolta a Nasseby
Titolo originale “Rauga” oder das Gespenst.
Traduzione
dal tedesco di Elisa Zanchetta
C’era
una volta un uomo la cui barca non veniva mai lasciata in pace da uno spettro.
Qualsiasi cosa egli facesse, lasciasse la barca ormeggiata in spiaggia oppure la
mettesse nella rimessa delle imbarcazioni, di notte c’era sempre qualcuno che si
affaccendava con i remi, il banco dei rematori e le assi, arrecando ogni sorta
di danni.
«Cosa
diavolo devo fare affinché lasci in pace la mia barca?», si chiedeva tra sé.
Decise
infine di stare in agguato. Un giorno salì a bordo e gettò sporcizia di ogni
tipo sui banchi dei rematori. Dopodiché si nascose sotto la ruota di prua e
attese ciò che sarebbe accaduto.
Dopo
essere rimasto seduto lì per un po’, sentì qualcosa che con passo pesante
risaliva la spiaggia, proprio come faceva lui stesso quando si aggirava con i
suoi pesanti stivaloni da pescatore. Era il rauga, lo spettro. Questo salì
nella barca, si sedette sul banco di poppa e stava per mettersi al timone.
«Puah!
Puah!», gridò all’improvviso lo spettro, «ma qui è sporco, qui non ci si può
sedere!»
Allora
lo spettro si mise a sedere sul banco di mezzo, prese il remo e iniziò a
remare; ma dopo che ebbe remato per un po’, gridò nuovamente:
«Puah!
Puah! Ma anche qui è tutto sporco!».
Allora
lo spettro si avviò verso la ruota di prua, si sedette sul banco di prua per
fare il capitano. Ma anche qui gli andò male.
«Puah!
Puah!», gridò nuovamente lo spettro, «anche qui è sporco!»
«È
abbastanza pulito per me!», disse in quell’istante l’uomo, si alzò e con l’arpione
assestò tra le spalle dello spettro un colpo così forte da farlo volare oltre
la ruota di prua come un corpetto di pelle vuoto, cadendo in mare.
Il
mattino seguente l’uomo risalì la spiaggia per recuperare qualche resto dello
spettro, ma non trovò nient’altro che una piccola falange umana. Lo spettro
aveva trovato pace e da quel momento non si udì e non si vide più.
Il
rauga sámi di cui si è narrato, trova corrispettivo nel folklore
scandinavo e finlandese. Draug (pl. drauger) nel folklore
norvegese è uno spettro che appare a chi è destinato a morire presto in mare,
specialmente annegato. La scena in cui i drauger combattono con i morti
della terra è un motivo leggendario. I drauger erano piccoli e
corpulenti come mucchi di fieno, completamente coperti da impermeabili di tela
cerata, avevano vesti di pelle e stivali da marinaio e grandi guanti che quasi
toccavano terra. Al posto della testa e dei capelli avevano un ammasso d’alghe. Il finlandese raukka (pl. raukat) designa l’anima
di una vittima del mare che non ha ricevuto sepoltura
Riferimenti bibliografici
Poestion 1886. J. C. Poestion, Lappländische Märchen, Volkssagen, Räthsel und
Sprichwörter. Nach lappländischen, norwegischen und schwedischen Quellen, Druck
und Verlag von Carl Berold’s Sohn, Wien.
Nessun commento:
Posta un commento