domenica 16 gennaio 2022

Mitologia e folklore sámi: Vitra, Baednag-njudne, Kadnihak, rauga nei racconti popolari sámi

 

Vitra o Vittra

Vitra o Vittra è un’interessante figura che popola le credenze popolari dei sámi e che compare spesso e volentieri nelle fiabe e negli altri racconti della Lapponia svedese. Si tratta di uno spirito femminile che popola le zone montane oppure le acque.


 

Vitra e la moglie del pastore

(fiaba raccolta nel Lappmark svedese)

Titolo originale: Vitra und die Pfarrersfrau.

Traduzione di Elisa Zanchetta

 

Viveva un tempo la moglie di un pastore, una levatrice talmente abile che non se ne trovava una pari neanche cercando in tutta la Svezia. Anche Vitra, che come sappiamo può diventare invisibile, volle saperne di più quando udì di una siffatta persona. Una bella sera d’estate, quando nella casa del pastore tutti erano andati a riposare, la donna, rimasta invece sveglia, udì un rumore, come se qualche estraneo si apprestasse ad entrare. Ovviamente la donna si affrettò ad andare a vedere chi era venuto a trovarli nonostante l’ora tarda. Vide davanti alla porta un distinto signore che sembrava volesse parlare con lei, perciò si sporse e invitò l’uomo a entrare. Egli rispose di essere venuto per chiedere alla donna di aiutare la propria moglie che proprio allora era in preda alle doglie.

Poiché la moglie del pastore non aveva mai visto prima quell’uomo e a causa del suo singolare aspetto iniziava a sospettare che non fosse una persona umana, ebbe un po’ paura; ella non poteva rifiutare di concedergli il proprio aiuto senza prima chiedere consiglio al marito.

Quando il pastore udì la questione, si preoccupò a sua volta, ritenendo tuttavia che la cosa migliore fosse esaudire la richiesta del troll – perché lo sconosciuto altri non era che un troll, di ciò non aveva alcun dubbio.

La moglie del pastore seguì lo sconosciuto, il quale non proferì parola fino a quando furono giunti davanti a un edificio molto bello nel quale la invitò ad entrare. Al suo interno le stanze erano pulite e raffinate come nelle abitazioni delle persone illustri. Notò che in un bel letto c’era una donna ancor più bella, la quale invocava continuamente l’aiuto della moglie del pastore. Quest’ultima assolse al suo servizio esattamente come avrebbe fatto con una persona umana e dopo alcuni minuti Vitra – perché naturalmente non poteva essere nessun’altro che lei – diede alla luce una bella bambina e dopo che qualche altro minuto fu trascorso e la mamma si fu completamente ristabilita, si alzò dal letto e portò ogni sorta di cibi che offrì alla moglie del pastore. Poiché quest’ultima non osava toccare quel cibo, Vitra rise e disse:

«Non credere che io ti offra qualcosa che ti possa arrecare il minimo danno, perché non è niente di diverso rispetto a quanto tu stessa hai in casa, ma non ti obbligherò a mangiare contro la tua volontà».


John Anster Fitzgerald, Fairies looking through a Gothic arch. Wikimedia Commons.

Quando la moglie del pastore si stava avviando per far ritorno a casa, Vitra volle darle del denaro, ma poiché rifiutò di accettarlo, Vitra disse:

«È vero che non siamo ricchi, come puoi ben vedere, ma abbiamo ciò che basta per riuscire a pagare un servizio ricevuto. Se per la tua fatica non vuoi accettare alcun compenso, allora la prossima primavera vai a vedere cosa troverai sulla mensola della malga. Non dimenticartene!».

La moglie del pastore era felice di poter ritornare a casa dai suoi e non pensò alla promessa di Vitra fino a quando la primavera successiva andò nella loro malga e sulla mensola trovò mezza dozzina di cucchiai da tavola in argento puro, straordinariamente più grandi e splendidi del consueto, sui quali era stato inciso il suo nome in caratteri belli e aggraziati. Da quel momento questi cucchiai furono tramandati dai discendenti della moglie del pastore e per molti anni vennero mostrati a tutti per testimoniare la veridicità della storia di Vitra e della moglie del pastore.


                                                                            ***


Il garzone rapito

(fiaba raccolta nel Lappmark svedese)

Titolo originale: Der entführte Knecht

Traduzione di Elisa Zanchetta

 

Non si è mai abbastanza prudenti quando si vuole riposare nel bosco, perché qui il male è più grande di quanto le persone possano immaginare. Ai giorni nostri non si devono più temere i giganti o gli spiriti montani, ma le creature sotterranee e Vitra sono sempre intenzionati a giocare brutti scherzi quando si imbattono in persone assopite, divertendosi in particolar modo con i cacciatori stanchi.

Un giorno un garzone rimase a cacciare nel bosco fino a quando, completamente esausto, si dovette sedere per riposare. Si era appena seduto che giunse una bellissima donna, offrendogli da bere da una scodella dorata che reggeva tra le mani. Il garzone si invaghì della donna e bevve dalla scodella. Ma in quello stesso istante si vide trasportato in una grande sala splendente d’oro e d’argento. In mezzo alla sala c’era un tavolo che si piegava sotto il peso delle pietanze più deliziose e la bella donna lo invitò a servirsi. Dopo che ebbe mangiato e bevuto, la donna gli disse che sarebbe diventato suo marito. E poiché non avrebbe desiderato cosa migliore, rimase molti anni tra i monti e Vitra gli partorì tre bambini.

Dopo cinque anni ritornò nel suo paese natale e raccontò tutto ciò che aveva vissuto. Tuttavia il suo discorso era così bizzarro che nessuno gli diede credito. Non si pentiva delle proprie azioni, tuttavia sembrava vergognarsi nei confronti dei propri simili. Poi una domenica andò in chiesa assieme agli altri e durante la recitazione della preghiera per il perdono dei peccati, si trasformò in un animale dal manto nero. Quando poi la preghiera fu ultimata, ritornò ad essere un uomo. Qualche giorno dopo scomparve e non fece più ritorno, perché Vitra l’avrà sempre in suo potere.


Il bambino scambiato

(fiaba raccolta nel Lappmark svedese)

Titolo originale: Das vertauschte Kind

Traduzione di Elisa Zanchetta

 

Non si è mai abbastanza prudenti quando si deve prestare attenzione al neonato, perché gli esseri sotterranei e Vitra cercano sempre di entrarne in possesso prima che venga battezzato – perché in seguito non hanno più alcun potere su di esso – e quando ci riescono, prendono il bambino, lasciando al suo posto una loro creatura. Ma un siffatto bambino scambiato arreca ai genitori, che se ne devono prendere cura, sempre grande irritazione. Essendo una creatura originata dagli esseri sotterranei, che non diventano più alti di un bambino di quattro anni, a crescere è solamente la testa che, quando giunge il momento di essere aspersa con l'acqua battesimale, è grande quanto quella di un uomo. I bambini di Vitra sì crescono, ma costituiscono ugualmente o diventano sempre più un peso per i genitori, i quali si rendono conto che si tratta di esseri sotterranei.

C’era una volta un contadino che doveva portare a battezzare la figlia appena nata. Poiché era piena estate e c'era molta fretta per mettere al riparo il fieno, andò dal sacerdote solo soletto con la bambina. Quando era all’incirca a metà strada, vide alcuni francolini di monte alzarsi in volo; poiché era un tiratore sfegatato che portava sempre con sé lo schioppo, non poteva lasciar volare via quei francolini, pertanto appoggiò la bambina sulla strada e iniziò a cacciare. Ma il nostro contadino non ne acchiappò neanche uno.

Quando infine ritornò dalla bambina, non riuscì più a riconoscerla, perché gli sembrava più grande e più brutta di quanto fosse in precedenza. Andò ugualmente dal sacerdote e la fece battezzare. Quando poi giunse a casa, neppure la mamma riuscì a riconoscerla. Tuttavia non c’era modo per porvi rimedio, pertanto cercò di attribuire questo cambiamento al fatto di non averla guardata con dovuta attenzione prima del battesimo ed era quindi una semplice fantasticheria che prima fosse diversa. Ma più la bambina cresceva e maggiore diventava la certezza che non si trattasse di una creatura umana, bensì di un essere di Vitra: le caviglie e i polsi le erano cresciuti così tanto da raggiungere all’incirca il mezzo cubito e non riusciva a imparare a parlare, sebbene dimostrasse di comprendere tutto ciò che ascoltava.

La fanciulla visse in questo modo, senza essere di alcun aiuto, fino a quando superò i trent’anni d’età; fu allora che si ammalò improvvisamente e morì per la gioia di tutti. Tuttavia la notte stessa in cui rese lo spirito, si levò un terribile uragano da uno dei monti più imponenti della parrocchia, portando devastazione per circa dodici cubiti lungo la strada che conduceva al promontorio vicino. Tutto ciò che si trovava sulla via venne scagliato a numerose tese di distanza da dov'era situato. Un ricovero per barche, in cui si trovavano dodici imbarcazioni, venne raso al suolo, le barche scaraventate al largo di un lago e frantumate.

Dapprima nessuno seppe spiegarsi quell’evento straordinario, ma fu ben presto lampante che doveva essere stata Vitra ad aver orchestrato tutto quello spettacolo: ella era talmente felice che la figlia o sorella, che era stata costretta a vivere più di trent’anni tra gli uomini, aveva fatto ritorno prima che svanisse l’effetto del battesimo.

Cosa ne fu della bambina rapita da Vitra nessuno mai lo seppe, ma è del tutto sensato ritenere che rimanendo presso Vitra anch’ella sia divenuta un essere simile, perché la cattiva compagnia rovina le buone abitudini.


Louis Moe, Trolde postkårt (1918). Wikimedia Commons.


Baednag-njudne

Nelle narrazioni popolari sámi compare un essere chiamato Baednag-njudne, “naso di cane”, noto anche ai finlandesi con il nome Koira-kuonalainen. Si tratta di mostri dall’aspetto umano il cui naso aveva la forma di un muso di cane che permetteva loro di fiutare a grande distanza la presenza di esseri umani e di inseguirli. Non erano solamente enormi e orribili, ma erano anche dotati di un solo occhio in mezzo alla fronte. Naednag-njudne mangiava gli umani ed era pertanto pericoloso avvicinarsi a una simile creatura.


Baednag-njudne

(fiaba raccolta nella Lapponia svedese)

Titolo originale: Baednag-njudne

Traduzione di Elisa Zanchetta

 

Un giorno una fanciulla sámi si smarrì e giunse alla dimora del Baednag-njudne, il naso di cane. L’uomo non era in casa, ma c’era la moglie. La fanciulla era piccina, misera, congelata e sembrava davvero spaventata; la donna credeva fosse un peccato che il Baednag-njudne potesse mangiare quella povera ragazzina, perciò la prese e se la nascose sotto la sottoveste.

Quando Baednag-njudne giunse a casa iniziò subito ad annusare e a fiutare, e disse alla moglie:

«Sento odore di umano!».

La moglie fece di tutto per fargli credere che non era vero; quando poi non fu più in grado di tenere con sé la fanciulla, la fece fuggire, pregandola di correre più veloce che poteva. Nel frattempo Baednag-njudne aveva annusato l’intera casa, ma non trovando nulla, uscì e non passò molto che si imbatté nella giusta traccia. Quando la fanciulla si accorse che il Baednag-njudne la stava inseguendo, colta dallo spavento fece un balzo balzò e si nascose sotto un ponte. In questo modo il Baednag-njudne perse la traccia e la fanciulla fu salva.



Kadnihak

I kadnihak sono un’altra tipologia di esseri sotterranei che si mostrano di tanto in tanto agli uomini. Hanno capelli lunghi fino alla cintola, simili a lino verde e indossano indumenti di colore rosso. Proprio come gli umani, possiedono mandrie di renne, cani, etc. La loro lingua, le loro tradizioni canore, i loro usi e costumi rispecchiano quelli dei sámi.

 

Kadnihak

(fiaba raccolta nella Lapponia svedese)

Titolo originale: Kadnihak

Traduzione di Elisa Zanchetta

 

All’incirca settanta, ottanta anni fa accadde che un gran numero di lapponi della montagna allestirono le loro kota poco distante da Kvikjok, nella Lapponia di Luleå. Era proprio il tempo in cui a Jokmok veniva organizzato un grande mercato. Quando tutte le persone più anziane erano partite per andare al mercato, i giovani rimasti si intrattennero con ogni sorta di giochi e divertimenti sopra un piccolo lago nei pressi dell’accampamento.

Un'anziana sámi che era rimasta e sapeva che i kadnihak, o gente del monte, non sopportavano un simile baccano davanti all’accampamento, mise in guardia la gioventù, seppur invano. Giunse il momento in cui scese la sera e tutti andarono a riposare. Era appena sceso il silenzio nelle kota dei sámi che i kadnihak iniziarono a fare chiasso. Nelle vicinanze si udivano squilli, un vociare concitato, abbaiare di cani e lo scalpiccio delle renne in movimento. Tutto ciò assomigliava proprio a un grande stuolo di sámi pronti a mettersi in cammino con le mandrie di renne. I cani dei sámi si precipitarono fuori dalle kota e iniziarono a ululare e ad abbaiare. Tutti nelle kota furono sopraffatti dalla paura e dall’orrore. Allora l'anziana sámi scese dal letto, mise la testa fuori dalla porta dalla kota e vide l’orda sotterranea dirigersi proprio verso le kota. Non c’era tempo da perdere. Si avvolse immediatamente in una coperta di pelle, andò incontro all’orda sotterranea e iniziò a negoziare. Promise loro penitenza e miglior comportamento in nome dei giovani che avevano fatto confusione. Con grande difficoltà riuscì infine a far desistere i kadnihak e a convincerli a tornare indietro: in questo modo il pericolo fu ovviato.

Da quel giorno ci fu silenzio e i giovani rimasero tranquilli fintanto che si intrattenevano in quel luogo.


Theodor Kittelsen, Kornstaur i måneskinn (ca 1900). Wikimedia Commons.



Rauga, lo spettro

Fiaba raccolta a Nasseby

Titolo originale “Rauga” oder das Gespenst.

Traduzione dal tedesco di Elisa Zanchetta

 

C’era una volta un uomo la cui barca non veniva mai lasciata in pace da uno spettro. Qualsiasi cosa egli facesse, lasciasse la barca ormeggiata in spiaggia oppure la mettesse nella rimessa delle imbarcazioni, di notte c’era sempre qualcuno che si affaccendava con i remi, il banco dei rematori e le assi, arrecando ogni sorta di danni.

«Cosa diavolo devo fare affinché lasci in pace la mia barca?», si chiedeva tra sé.

Decise infine di stare in agguato. Un giorno salì a bordo e gettò sporcizia di ogni tipo sui banchi dei rematori. Dopodiché si nascose sotto la ruota di prua e attese ciò che sarebbe accaduto.

Dopo essere rimasto seduto lì per un po’, sentì qualcosa che con passo pesante risaliva la spiaggia, proprio come faceva lui stesso quando si aggirava con i suoi pesanti stivaloni da pescatore. Era il rauga, lo spettro. Questo salì nella barca, si sedette sul banco di poppa e stava per mettersi al timone.

«Puah! Puah!», gridò all’improvviso lo spettro, «ma qui è sporco, qui non ci si può sedere!»

Allora lo spettro si mise a sedere sul banco di mezzo, prese il remo e iniziò a remare; ma dopo che ebbe remato per un po’, gridò nuovamente:

«Puah! Puah! Ma anche qui è tutto sporco!».

Allora lo spettro si avviò verso la ruota di prua, si sedette sul banco di prua per fare il capitano. Ma anche qui gli andò male.

«Puah! Puah!», gridò nuovamente lo spettro, «anche qui è sporco!»

«È abbastanza pulito per me!», disse in quell’istante l’uomo, si alzò e con l’arpione assestò tra le spalle dello spettro un colpo così forte da farlo volare oltre la ruota di prua come un corpetto di pelle vuoto, cadendo in mare.

Il mattino seguente l’uomo risalì la spiaggia per recuperare qualche resto dello spettro, ma non trovò nient’altro che una piccola falange umana. Lo spettro aveva trovato pace e da quel momento non si udì e non si vide più.

 

Il rauga sámi di cui si è narrato, trova corrispettivo nel folklore scandinavo e finlandese. Draug (pl. drauger) nel folklore norvegese è uno spettro che appare a chi è destinato a morire presto in mare, specialmente annegato. La scena in cui i drauger combattono con i morti della terra è un motivo leggendario. I drauger erano piccoli e corpulenti come mucchi di fieno, completamente coperti da impermeabili di tela cerata, avevano vesti di pelle e stivali da marinaio e grandi guanti che quasi toccavano terra. Al posto della testa e dei capelli avevano un ammasso d’alghe. Il finlandese raukka (pl. raukat) designa l’anima di una vittima del mare che non ha ricevuto sepoltura




Riferimenti bibliografici

Poestion 1886. J. C. Poestion, Lappländische Märchen, Volkssagen, Räthsel und Sprichwörter. Nach lappländischen, norwegischen und schwedischen Quellen, Druck und Verlag von Carl Berold’s Sohn, Wien.




Nessun commento:

Posta un commento