sabato 29 maggio 2010

Bogatyri, i possenti cavalieri di Kiev


Se le avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda sono universalmente conosciute, se quelle dei cavalieri di Carlo Magno lo sono un po' di meno, pochissimo si sa sui cavalieri russi o bogatyri, a meno di non essere specializzati in filologia slava o di non essere incappati in qualche fortunato libro per ragazzi. Anche il materiale artigianale russo giunto in Europa occidentale dopo la caduta dei regimi comunisti (uova, matrioške e scatolette laccate) presenta infinite immagini tratte dalle ballate epiche, ma raramente l'acquirente nostrano sa riconoscerle.


Eppure il ciclo dei cavalieri russi, o bogatyri, è estremamente affascinante, ancorato com'è a una logica più vicina alla fiaba che all'epica, come Vladimir Jakovlevič Propp non ha trascurato di far notare, e questo è probabilmente uno dei motivi della loro grande popolarità.


I racconti sono stati tramandati oralmente per secoli nei villaggi rurali della Russia, e cantati in forme di particolari ballate popolari chiamate byliny (da una parola russa che significa «passato»). I folkloristi cominciarono a raccogliere le byliny solo all'inizio del XIX secolo, allorché il gusto romantico faceva sentire fortemente il revival per le tradizioni del passato. Troviamo vicende byliniche tra le fiabe della raccolta di Afanas'ev, ma anche nei libri di lettura che Lev Tolstoj scrisse per la sua famosa scuola di Jasnaja Poljana. Ma il primo folklorista che usò criteri scientifici fu lo slavista A.F. Gil'ferding, il cui immenso materiale fu pubblicato pustumo nel 1873. La quantità di materiale bylinico raccolta è cresciuta col tempo, ma per quanto enorme, non è sempre eccelsa, e ogni storia compare in numerose varianti, di cui le antologie non specializzate riportano solo quelle più significative.


Dei tre grandi bogatyri kievani, Il'ja Muromec, il "vecchio cosacco", incarna il prototipo dell'eroe forte e generoso, e per questo così caro al popolo russo. Il ciclo che lo riguarda presenta affinità con l'epica scandinava, finnica, bizantina, persiana e caucasica. La storia in cui Il'ja Muromec uccide il figlio Podsokol'nik non può non ricordare l'analogo episodio dell'epica iranica in cui Rustem uccide il figlio Sohrāb. La vicenda può anche essere avvicinata a quella germanica di Hildebrand che uccide il figlio Adubrand, nonché a quella irlandese di Cú Chulainn che uccide il figlio Conlaí.


Dobrynja Nikitič è il prototipo del signore nobile e di buona famiglia. La dote che lo contraddistingue dagli altri possenti guerrieri kievani, non è tanto la forza quanto l'astuzia: egli è un buon oratore e un fine diplomatico, e per di più, al contrario degli altri, è di famiglia principesca: suo padre è un nobile della città di Rjazan'.


Alëša Popovič è, dei tre bogatyri, quello dai caratteri più sfuggenti. Figlio di un religioso, è un forte e astuto guerriero, vincitore di terribili mostri e di iniqui tatari. Ma, nonostante le sue paladinerie, Alëša Popovič rimane un personaggio dal carattere ambivalente. Non è difficile vederlo mentire, bere, agire per pura invidia, calato nella veste del dongiovanni pronto a insidiare le mogli o le fidanzate degli altri e finendo immancabilmente col ricevere la giusta punizione per i suoi misfatti.


Il'ja, Dobrynja e Alëša sono un microcosmo che rappresenta in qualche modo l'intero popolo russo: il contadino onesto e generoso, il nobile valoroso e leale, e il religioso con ironici tratti di dongiovanni. Sarà un caso, ma non posso fare a meno di pensare che i tre bogatyri corrispondono punto per punto ai tre moschettieri di Dumas: Il'ja Muromec è Porthos, l'eroe di origni plebee, semplice e dalla forza erculea; Dobrynja Nikitič è Athos, il gentiluomo dai nobili natali che mostra in ogni tratto la sua innata signorilità; Alëša Popovič è Aramis, eternamente in bilico tra vocazione religiosa e avventure sentimentali.


Una sintesi della loro leggenda, disponibile su Bifröst: I bogatyri.

martedì 25 maggio 2010

Giganti costruttori

In Gylfaginning 42, Snorri riferisce un mito sulla costruzione delle mura dell'Ásgarðr. Un gigante si offre di compiere il lavoro in un solo inverno e, se vi riuscirà, avrà il sole e la luna e, in più, la dea Freyja. Ma non appena il gigante è sul punto di completare il lavoro, gli dèi fanno sì - con la complicità di Loki - che il gigante non rispetti la sua parte di contratto, dopodiché lo uccidono.



Il motivo di un gigante o troll al quale viene affidata qualche gigantesca costruzione è ben presente nel folklore scandinavo. Andreas Faye nella sua storica raccolta di leggende norvegesi, Norske folke-sagn (1833), cita una leggenda popolare sulla costruzione della cattedrale di Níðaros (attuale Trondheim). Dopo aver ultimato la costruzione dell'imponente edificio, Sant'Olaf (cioè re Óláfr II Haraldsson, 1015-1028) si accorse che mettervi sopra una guglia andava oltre le sue possibilità e promise il sole a chiunque si fosse assunto l'impegno di completare l'edificio. Un troll che viveva in un dirupo nelle vicinanze della città si presentò allora a Sant'Olaf e gli disse che avrebbe ultimato lui quel lavoro titanico, ricordandogli che si era impegnato a consegnargli il sole. Come ulteriore condizione, impose a Sant'Olaf di non pronunciare il suo nome. Deciso a infrangere lo sconsiderato patto, a mezzanotte Sant'Olaf navigò lungo il fiordo e, giunto nei pressi del dirupo dove abitava il troll, udì il pianto di un bimbo provenire dalla roccia e subito sentì la voce della madre acquietarlo: «Riceverai l'oro del cielo, quando Tvester tornerà a casa». Quando Olaf giunse in città, la guglia già si stagliava alta sopra la cattedrale e il troll stava per fissare l'ultimo pomello d'oro sul segnavento. Allora Sant'Olaf gridò: «Tvester! Hai fissato la banderuola troppo ad occidente!» Nell'istante in cui il troll udì il suo nome, cadde giù morto.


Faye riporta che, secondo un'altra leggenda, narrata da Gerhard Schøning nella sua descrizione della cattedrale, il troll si sarebbe chiamato Skale (cioè Skallete «calvo») e avrebbe richiesto come ricompensa sia il sole che la luna. Secondo un terzo racconto, si chiamava invece Blester («raffica»).


Il motivo di grandi costruzioni erette da giganti, sembra piuttosto diffuso in tutto il mondo germanico. Ne fa testimonianza, proprio al confine tra Italia e Austria, una leggenda proveniente dalla cittadina altoatesina di Innichen (San Candido). La costruzione, in questo caso, è la locale chiesa della Collegiata (XI sec.). Per sostenerne la volta, gli scalpellini di Sexten (Sesto) avevano scolpito otto enormi pilastri, ma questi erano così pesanti che non si sapeva come trasportarli ad Innichen. I frati Benedettini si rivolsero allora al gigante Haunold e lo convinsero a compiere lui l'ingrato lavoro. Il gigante accettò, ma pretese, in pagamento, un pasto al giorno consistente in un vitello arrosto, tre staia di fagioli e una botte di vino. Così venne fatto ma, terminata la costruzione della chiesa, il gigante continuò a pretendere il suo pranzo quotidiano. I paesani decisero allora che bisognava sbarazzarsi di Haunold. Scavarono una fossa e, attirato il gigante con l'inganno, ve lo fecero precipitare, per poi ucciderlo con lance e frecce.



Secondo un'altra versione, Haunold sarebbe precipitato cadendo dal campanile l'ultimo giorno di lavoro, mentre sistemava sulla cima del tetto la grande croce. Per conservare il ricordo del gigante, gli abitanti della città chiamarono Haunold la montagna che domina Innichen (la rocca dei Baranci) e appesero una delle sue enormi costole nel vestibolo della Collegiata, dove la si può ammirare ancora oggi.


Fonte: un intervento di Luca Taglianetti pubblicato in Bifröst.

lunedì 3 maggio 2010

Odino e Sleipnir in Inghilterra?

Se si passa a nord del villaggio inglese di Shocklach, percorrendo una carreggiata solitaria che porta fino al fiume Dee nella contea del Cheshire, si può visitare la chiesa di St. Edith, antico edificio in stile normanno, la cui costruzione risale attorno al 1150.




[caption id="" align="aligncenter" width="315" caption="Chiesa di St Edith, Shocklach (UK) - Sec. XII (www.shocklach.com)"][/caption]

Sono molti i misteri di ordine storico e culturale che circondano questa chiesa, ma il più intricato è probabilmente un'incisione su un blocco di arenaria che si trova all'interno dell'edificio, scoperta da Dan Robinson, studioso ed Emeritus Keeper of Archaeology al Grosvenor Museum.


La scultura rappresenta un uomo su un cavallo, come si vede qui sotto:




[caption id="" align="aligncenter" width="450" caption="Incisione su arenaria all'interno della chiesa di St Edith (www.nottingham.ac.uk/-sczsteve/)"][/caption]

Il rilievo è molto rovinato, ma non è difficile notare come le zampe del cavallo siano più delle normali quattro.


Questo dettaglio ci può far pensare a Sleipnir, il destriero di Óðinn, che era dotato di otto zampe. Nella figura intagliata a onor del vero si distinguono chiaramente sei zampe, due anteriori e quattro posteriori, ma la rappresentazione è piuttosto consunta, per cui molti dettagli possono essere andati persi. C'è chi inoltre individua a fianco del cavaliere una piccola figura, in alto a destra, che potrebbe rappresentare un corvo, altro indizio che fa propendere per l'ipotesi della rappresentazione di Óðinn.




[caption id="" align="aligncenter" width="328" caption="Rilievo grafico dell'incisione (www.nottingham.ac.uk/-sczsteve/)"][/caption]

Al solito, le deduzioni vanno fatte con estrema cautela, ma è tuttavia vero che l'Inghilterra sia stata più volte visitata dai vichinghi, come testimoniano anche i molti toponimi di origine nordica individuabili nell'isola. Questa regione dell'Inghilterra potrebbe essere stata visitata dai Norvegesi provenienti dall'Irlanda dopo aver abbandonato Dublino, quindi via mare da Ovest, oppure dai Danesi che avanzavano via terra da Est.




[caption id="" align="aligncenter" width="280" caption="Croce medievale all'interno del cortile della chiesa di St Edith - © Mr Michael J Tuck"][/caption]

E voi quante zampe contate?

Se avete qualche osservazione da fare, possiamo raccoglierla e comunicarla a Stephen Harding, il quale si sta occupando di risolvere questo mistero, come comunica sul suo sito. Perciò, fateci sapere la vostra opinione, grazie.


Fonti:

http://www.nottingham.ac.uk/-sczsteve/
http://en.wikipedia.org/wiki/St_Edith's_Church,_Shocklach
http://www.shocklach.com/st_ediths_church.htm
http://www.imagesofengland.org.uk/details/default.aspx?pid=1&id=402964