venerdì 4 marzo 2011

A scuola di mitologia - 2


Analisi delle fonti primarie

Ogni lavoro sui miti non può essere disgiunto da un'attenta analisi delle fonti primarie. Quali testi hanno trasmesso un nome, una vicenda, un'interpretazione? Quali erano le intenzioni dei loro autori? Si tratta di testi epici, gnomici, storici, religiosi, letterari? Cosa significava questa o quella fonte all'interno della cultura di riferimento? Oppure, quanto era lontana da essa?


Ad esempio, i poemi dell'Edda poetica risalgono perlopiù a un tempo in cui il paganesimo nordico era ancora vivo e vitale; ma l'Edda di Snorri è stata scritta in un'epoca posteriore, in cui il paganesimo era pressoché scomparso dalle terre del nord e gli antichi poemi già richiedevano dotte spiegazioni e interpretazioni.  Sono particolari di cui bisogna tenere conto, allorché si prendono in considerazione notizie desunte dagli una o dall'altra fonte.


Inoltre, i testi vanno esaminati sia per sé stessi, sia in relazione reciproca. Ad esempio, è certamente possibile leggere l'Edda poetica alla luce dell'interpretazione a posteriori che ne dà Snorri, ma si rischia di perdere il punto di vista dei poemi eddici stessi, la cui ermeneutica va innanzitutto interpretata singolarmente.


Le notizie presenti nelle fonti più antiche vanno analizzate separatamente dai loro strati interpretativi, prima ancora che alla luce di questi. L'analisi incrociata delle fonti deve avvenire sempre in un secondo tempo, e richiede necessariamente un livello di cautela maggiore.


Poiché siamo naturalmente portati a leggere una fonte alla luce di ciò che abbiamo imparato da altri testi, diviene anche interessante evidenziare le cose che un testo non dice. Questo ci dà interessanti informazioni sull'evoluzione dei mitemi nel corso del tempo. Ricordiamoci che un mito si evolve fino a quando viene messo per iscritto: in quel momento viene cristallizzato nella sua forma definitiva. Smette di essere mito e diventa letteratura, e quindi rientra in un campo di studi i cui metodi d'indagine non possono esimere da quelli della critica letteraria.


Non tutte le fonti, infine, hanno lo stesso grado di attendibilità. Nella storia della filologia nordica, ad esempio, lo stesso Snorri è stato più volte soggetto a forti critiche per il modo in cui, secondo molti filologi, avrebbe rielaborato il materiale mitico. Per ogni testo che analizziamo, dobbiamo dunque chiederci quanto il suo autore abbia compreso del materiale originario e in che modo lo abbia, consciamente o inconsciamente, deformato. L'analisi incrociata delle fonti permette di capire, in certa misura, come le informazioni siano state trasmesse dall'una all'altra, come siano stato elaborate o spesso fraintese.


Come sembra ovvio, i testi più antichi sono più vicini alle culture di riferimento, mentre quelli più recenti presentano un più alto grado di interpretazione e rielaborazione letteraria. Questo è vero nella maggior parte dei casi, ma non è una regola. A volte capita che un testo recenziore contenga elementi più antichi rispetto ad uno precedente. Ad esempio, la ruvida Völsunga Saga (fine XIII sec.) è sicuramente successiva al Nibelungelied (inizio XIII sec.), ma è assai più vicina alla leggenda originale di quanto non sia il poema tedesco, che ne è una rielaborazione in stampo cavalleresco, eseguita da un poeta di corte.


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