er stendr höllo á [Herjaföðrs]
ok bítr af Læraðs limom;
skapker fylla
hón skal ins skíra mjaðar,
knáat sú veig vanaz.
che si erge sulla sala [di Herjaföðr]
e bruca le fronde del Læraðr.
Il calderone riempirà
lei di quel chiaro idromele,
un liquore che non può mancare.
er stendr á höllo Herjaföðrs
ok bítr af Læraðs limom;
en af hans hornom
drýpr i Hvergelmi,
þaðan eigo vötn öll vega.
che si erge sulla sala di Herjaföðr
e bruca le fronde del Læraðr.
Dalle sue corna
cadono gocce in Hvergelmir,
da cui prendono le acque ogni via.
Il Grímnismál afferma che i due animali siano «sulla sala di Herjaföðr» [á höllo Herjaföðrs]. In norreno, il locativo può venire espresso dalle proposizioni á «su» e í «in». In particolare, la proposizione á (cfr. inglese on) denota il trovarsi in uno spazio superficiale (es. á golfi «sul pavimento», á sjá ok á landi «sul mare e sulla terra», á þingi «all'assemblea»), spazio che può essere anche un grande paese (á Íslandi «in Islanda», á Englandi «in Inghilterra») o un luogo assai meno definito (á himni «in cielo», á jörðu «sulla terra»).
Pur permanendo un certo grado di ambiguità, la maggior parte dei traduttori ha inteso le due strofe del Grímnismál nel senso che capra e cervo si trovino sopra il tetto della Valhöll, da dove arrivano a brucare le foglie del Læraðr. L'albero evidentemente non cresce all'interno del salone, ma all'esterno, e ne copre la sommità con le sue fronde. Questa interpretazione è avvalorata dal fatto che Snorri, un po' più esplicitamente, scrive che la capra Heiðrún si trovi «in alto sulla Valhöll» [uppi á Valhöll], rinforzando con uppi il significato di á. In quanto al cervo, scrive semplicemente á Valhöll.
Poiché il nome di questo mitico albero è attestato come Læraðr nell'Edda poetica, ma Léraðr nell'Edda in prosa, l'etimologia sarà diversa a seconda che si preferisca l'una o l'altra lezione. È probabile che la seconda forma sia derivata dalla prima, ma è incerto se si tratti di un'ortografia alternativa della medesima parola o se l'errata lettura di una vocale abbia portato a un'alterazione del significato.
Se prendiamo in considerazione l'ortografia veteroeddica Læraðr, il primo elemento del composto andrebbe connesso al sostantivo neutro læ, che vuol dire «inganno, tradimento, delitto», ma anche «arte, maestria», indicando un ampio campo di capacità e azioni artificiose, spesso disoneste (cfr. anglosassone læwa «traditore»; Ulfila rende con il gotico lewian il greco paradidónai «tradire»).
Se ci atteniamo all'ortografia snorriana Léraðr, si può invece pensare a una derivazione dal sostantivo neutro hlé «tetto, riparo, protezione» (cfr. Gimlé, con analoga mutazione ortografica hl > l). La radice proverrebbe in questo caso da un protogermanico *hlew- (cfr. tedesco Lee; olandese lij; antico sassone hlea; anglosassone hlēo > inglese lee «riparo dal vento», in ambito marinaresco; norreno hlé > danese læ «riparo»; Ulfila rende con il gotico hlija il greco skēnē «tenda»).
In quanto al secondo elemento del composto, -raðr, è probabilmente da connettersi al verbo raða «ordinare». Con vocale radicale lunga, il sostantivo neutro ráð significa «consiglio, piano, progetto» (cfr. tedesco Rat «consiglio»; danese, norvegese e svedese råd «consiglio»).
Se si accetta l'ortografia di Snorri, il dendronimo Léraðr potrebbe dunque significare «[albero che] stabilisce un riparo», oppure, traducendo con maggiore libertà, «[albero che] copre il tetto», giustificando l'ipotesi che l'albero stenda le sue fronde sopra la Valhöll.
Alternativamente, il nome del Læraðr potrebbe essere interpretato invece come «progetto di tradimento», per quanto non sia facile indovinare il senso di una simile lettura. Non sono mancati interpreti che, identificando il Læraðr con il frassino Yggdrasill, hanno voluto vedervi un accenno al mito dell'autosacrificio di Óðinn. L'impiccagione del dio è però volontaria e non si vede come possa essere considerata un «tradimento».
Ma, prima di avanzare altre ipotesi, cerchiamo di capire che specie d'albero sia il Læraðr. Come abbiamo detto, gli interpreti tendono a identificarlo con il frassino Yggdrasill. L'ipotesi è avvalorata dal fatto che il Læraðr è evidentemente proiettato in un panorama cosmologico: con i suoi rami ricopre il tetto della Valhöll, al sommo del cielo, e le gocce che cadono dalle corna del cervo finiscono nell'abissale sorgente di Hvergelmir. È evidente che solo il frassino Yggdrasill potrebbe stendersi dall'uno all'altro capo dell'universo. Altri studiosi, più umilmente, ritengono che il Læraðr sia solo la parte più alta del frassino.
È però indubbio però che il Grímnismál distingua chiaramente i due alberi. Cita due volte il Læraðr in relazione alla Valhöll nelle strofe 25-26, e il frassino Yggdrasill è nominato per ben sei volte nel complesso di strofe 29-35, dove si tratta della fauna che dimora tra le radici e le fronde del grande albero.
Il Grímnismál non fornisce informazioni sull'aspetto dell'albero, ma si limita ad affermare che capra e cervo ne «brucano le fronde» [bítr af limom]. Snorri è un po' più preciso, parlando di «foglie» [barr]. Ora, la parola barr indica più precisamente gli aghi del pino o dell'abete. Il Læraðr è dunque una conifera? Il guaio è che Snorri non è una fonte molto affidabile, in fatto di botanica: nato nelle brulle e spoglie terre d'Islanda, aveva poca confidenza con gli alberi. In un passo della sua Edda, definisce barr anche le foglie del frassino (Gylfaginning [16b]), che non è una conifera. Quest'uso improprio della parola barr implica che, per quanto ne sapeva Snorri, il Læraðr poteva benissimo essere un frassino.
Ma, seguendo la pista del «tradimento», si potrebbe anche pensare alla pianticella di vischio [mistilteinn] che, secondo Snorri, cresceva ad «ovest di Valhöll» [fyrir vestan Valhöll] e che servì per produrre l'arma con la quale Loki provocò la morte di Baldr. Si potrebbe avanzare l'ipotesi di una relazione tra il vischio e l'albero Læraðr, due piante che crescevano accanto alla Valhöll. Questa ipotesi, se corretta, potrebbe gettar luce sulla possibile lettura del dendronimo Læraðr quale «progetto di tradimento».
È un'interpretazione che pone però diversi problemi, non ultimo il fatto che il vischio [Viscum album] non è un albero, ma un arbusto parassita che cresce su altre piante. I testi norreni, però, dànno una strana descrizione della pianta destinata a uccidere Baldr. Secondo Völuspá [31], ad esempio, essa sarebbe cresciuta «alta sui campi», senza tenere conto che le bacche del vischio non germogliano sul terreno. Lo stesso Snorri la definisce un «virgulto d'albero» [viðarteinungr] (Gylfaginning [49]).
È evidente che gli autori islandesi immaginavano il vischio come un alberello. Certamente, vi è una bella differenza tra una pianticella giovane ed esile come il vischio di Völuspá [31] e l'imponente albero Læraðr, a meno che, nel mito originale, il vischio non alignasse appunto sul Læraðr
Si tratta, in ogni caso, di ipotesi piuttosto fragili e difficili da sostenere, oltre che non verificabili. Ma forse val la pena rifletterci un po', se non altro per il piacere di farlo. E voi cosa ne pensate?