sabato 17 gennaio 2009

A proposito degli ospiti invernali


Forse nel tentativo di non dimenticare completamente le passate festività con annesse vacanze natalizie e di fine anno, mi sovviene un ricordo di una vecchia fiaba, di certa origine scandinava, che narra di un misterioso viandante il quale giunge, in compagnia di un orso polare, presso una fattoria la sera prima di Natale chiedendo ospitalità.


Il padrone di casa, che si chiama Halvor, lo avverte che presto, proprio quella notte, la casa verrà visitata dai troll, poiché ogni notte della vigilia hanno l'abitudine di invadere la sua fattoria, esaurire il pasto preparato per la cena e mettere tutto a soqquadro.


Il viandante da parte sua risponde di non essere affatto spaventato dai troll e chiede di essere ospitato per la notte. Halvor acconsente, ma abbandona la casa insieme alla sua famiglia, lasciando la tavola completamente imbandita per i troll, mentre il viandante viene lasciato, insieme al proprio orso, ad attendere gli ospiti indesiderati. L'orso bianco si assopisce presto sotto il tavolo della sala principale, mentre il viandante si rintana in una piccola stanza e dorme.


Giunta la mezzanotte, i troll arrivano; ce ne sono sia di grandi che di piccoli e presto iniziano a divorare tutto il cibo e a fare la solita confusione nella casa del povero fattore. Un giovane troll scorge l'orso che dorme sotto il tavolo e, arrostita una salsiccia sul fuoco, gliela infila sotto il naso, fumante e bollente, chiamandolo «gattino». L'orso bianco, infastidito, si alza ruggendo e si mette a cacciare tutti i troll, grandi e piccoli, causandone presto la fuga. Arrivato il mattino, il viandante e l'orso se ne vanno, fra i ringraziamenti del fattore e dei suoi famigliari, felici e stupiti.


L'anno successivo, sempre la sera della vigilia, mentre Halvor si appresta a lasciare la casa come ogni anno per evitare la visita dei troll, si sente chiamare da una voce che proviene dal bosco e gli chiede se possiede ancora «quel gatto». «Sì», risponde il fattore, «sta dormendo in casa, vicino al fuoco». «Non torneremo mai più» dice la voce e da quel giorno mai più un troll farà ritorno alla fattoria.


troll

Questa è una fiaba curiosa, conosciuta in Norvegia e in Finlandia come Kjetta på Dovre, il «Gatto di Dovre», della quale sono note numerose varianti in diversi paesi di influenza germanica.


Esiste in effetti nella tradizione scandinava un curioso caso di leggende e storie che hanno un soggetto in comune, difficilmente riscontrabile nel corpus leggendario di altre culture: l'arrivo di ospiti che si presentano presso una casa, solitamente una fattoria, prima della notte di Natale o di Capodanno. Questi ospiti nelle storie più antiche sembrano essere fortemente indesiderati, in quanto si tratta spesso di fantasmi (o meglio, draugar) che vorrebbero tornare in vita, oppure troll e folletti che si recano dal malcapitato padrone di casa per banchettare e gozzovigliare con le sue provviste, magari preparate proprio per le feste di Natale o di fine anno, che nella Scandinavia precristiana corrispondevano alle festività per il solstizio d'inverno, jól (cfr. inglese Yule).


In alcuni casi, come in Kjetta på Dovre,, giunge poi un viandante che arriva da lontano e che trascorre la notte nella casa, riuscendo in qualche modo ad avere la meglio sugli ospiti indesiderati, i quali non faranno più ritorno.
Forse il primo racconto di questo tipo si ritrova nella Eyrbyggja saga, la «Saga degli uomini di Eyrr», dove il giorno di Natale una fattoria viene invasa da numerosi draugar di uomini morti sia in mare che a terra e che seminano il terrore.


Un'altra leggenda di questo tipo è islandese ed è nota come Jólanótt í Kasthvammi, la «Notte di Natale a Kasthvammr», secondo la quale chiunque rimanga a casa durante la vigilia di Natale scompare e non viene mai più rivisto. Si narra però che un uomo, senza nome come il viandante del Gatto di Dovre, volle sfidare il destino e trattenersi in casa durante la vigilia, per vedere cosa sarebbe successo. Anche in questo caso egli si nasconde e a mezzanotte sente la casa piena di rumori e schiamazzi. I rumori aumentano in modo inquietante e sembrano diffondersi per tutta la casa, ma l'uomo, uscito dal nascondiglio, non vede nessuno. Allora imbandisce una tavola ricchissima per gli «ospiti» e prepara loro anche dei vestiti, poi torna a nascondersi.


I visitatori tornano allo scoperto, si mettono a mangiare, ma quando sono nel pieno del banchetto, l'uomo balza fuori dal nascondiglio. Sono folletti [huldufólk], che fuggono immediatamente dalla casa. L''uomo li insegue, ma essi scompaiono dentro le rocce e non si faranno mai più vedere. In altre varianti della leggenda, l'uomo esce dal nascondiglio e annuncia l'arrivo imminente del sole e anche in questo caso scatena il terrore dei folletti.


C'è dunque in questi racconti il tema di qualcosa di soprannaturale e di spaventoso che succede durante i giorni del solstizio d'inverno, ma che in qualche modo viene dominato grazie all'intervento di un uomo, il quale rappresenta una sorta di garanzia di cambiamento e di rassicurazione.


È interessante, inoltre, che anche nel caso del più celebre poema medio-inglese Sir Gawayn and the Grene Knyght, il misterioso Cavaliere Verde si presenti proprio durante la sera di Natale, come si legge:


þis kyng lay at camylot vpon kryst masse
with mony luflych lorde ledez of þe best


Era il re a Camelot per il Natale
molti signori con lui, belli, i migliori...


Può esserci o meno un effettivo legame fra Gawain e le leggende scandinave dei visitatori di Natale. Quel che sembra chiaro comunque è che nei paesi di area germanica doveva esistere un'ancestrale timore associato al solstizio d'inverno, che nel corso della storia si è differenziato in leggende sopravvissute in numerose varianti locali, fino alla definitiva conversione in storie e fiabe a seguito della cristianizzazione del nord Europa.


In queste narrazioni si è tramandato forse l'antico ricordo, trasformato e stravolto da secoli di tradizioni orali, di quello che doveva essere una delle paure più ancestrali dei popoli nordici: quella della scomparsa del sole.

3 commenti:

  1. Ciao Stefano,
    tutto cio è interessante. Però mi pare vada in direzione del terrifico mitologema dei morti che ritornano sulla terra durante il periodo delle dodici notti (intorno al solstizio d'inverno), no? Lo stesso chiasso rumoroso che i visitatori notturni provocano è il chiasso della masnada infernale che percorre incessantemente la terra durante il periodo delle dodici notti (insomma, la nordica Caccia Selvaggia). Come dici tu la declinazione tutta domestica è in qualche modo sorprendente, in quanto in genere l'incontro avviene nei luoghi incolti, come boschi e sentieri che si situano fuori dal patronato culturale. Lo stesso viandante che mette in fuga questi spiriti non può che rivelarsi come essere oltemondano (significativo è l'attenzione al particvolare "senza nome"); anche questo carattere delle narrazioni che hai riportato mi pare vagamente a-tipico, in qualche modo conflittuale, oltre a ricordare déi mascherati come Thor e Odino che ricevono ospitalità presso contadini "marginalizzati", vuoi per povertà vuoi perchè svantaggiati in vari modi. Non darei così tanta importanza alla comparsa/scomparsa del sole, perlomeno non ne vedrei una causa di origine.. comunque presumo che su tutti i nostri discorsi la bibliografia si ben ben corposa :-) Tra l'altro il motivo del gatto mi pare ricordare qualche narrazione alpina apparentemente senza senso (il folklore ne è pieno), dovrei controllare... ciao!

    S.

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  2. Ciao Silvanus, scusa per il ritardo con cui ti rispondo...
    Senza dubbio hai ragione. In questa particolare tradizione dei visitatori invernali sono sopravvissuti diversi temi che si sono contaminati e sovrapposti, fino a prendere questa forma dopo la conversione.
    La paura della scomparsa del sole però mi sembra pertinente, se non altro per la collocazione entro le feste del solstizio, che in epoca cristiana diventano la vigilia di Natale e/o il capodanno.
    Probabilmente hai anche ragione sulla Caccia Selvaggia; certo, la confusione dei troll-folletti-heraufpolterern può ricordarla, benché in questo caso si svolga prevalentemente fra le mura di una casa.
    Si tratta di un argomento abbastanza inconsueto e forse poco indagato, magari in futuro ce ne occuperemo più estesamente.

    Sei anche il primo che è intervenuto su Gangleri: non so se questo possa essere un onore, ma tant'è...

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  3. Certo, è un onore; ma non potrei esimermi dal partecipare a discorsi così interessanti :-) Mah guarda la paura della scomparsa del sole in sè non mi convince tanto, mi convincerebbe molto di più se allargata al resto, ovvero ad una interpretazione diciamo agraria. Con i rigori invernali è la natura che muore e l'inverno che arriva, il sole ovviamente è partecipe di ciò (specialmente al nord?). Le attività dell'uomo allora si esercitano al minimo e importante diventa la sopravvivenza. Insomma è un periodo decisamente critico, angoscioso. Sulla terra calano varie forze dall'aldilà, che esercitano la loro vendetta sui vivi ma anche la loro potenza rigeneratrice manistica, come è ben noto da un'abbondantissima ( dibattuta) letteratura almeno a partire da Karl Meuli direi (per esempio mi riferisco ai mascheramenti invernali, che sarebbero da vedersi come personificazione degli spiriti degli antenati morti che ritornano sulla terra anche per propiziare la fertilità, etc..).
    Comunque a pensarci un attimo, anche la tradizione della Caccia Selvaggia ha una declinazione diciamo vagamente domestica, cioè entra nei villaggi e li percorre, oppure in alcuni casi entra anche nelle case e il proprietario cerca sempre di nascondersi. In questo caso anche lui esercita uno strataggemma per liberarsene: e a ben pensare è qui che mi pare entri in gioco il motivo del gatto, mm dovrei controllare ho solo un vago ricordo! Comunque un'approfondimento su bifrost sarebbe molto interessante oltre che pertinente...

    Davide

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